AL SAPOR NON SI COMANDA

“Se non finisci tutto il piatto come hai promesso, la prossima volta niente ciccipolenti prima di pranzo!”.

Ai tempi non terminare un piatto di linguine ai frutti di mare non sembrava un sacrilegio, soprattutto se paragonato alle mie adorate patatine.

Durante l’ultimo boccone, imboccato a gran fatica con la forchetta storta, aggrottai le sopracciglia e lanciai uno sguardo così disgustato che per l’ennesima volta fece infuriare mia madre.

“Ti ho avvisato eh…” e mentre stava per lanciarmi quasi un’anatema urlai: “Mamma, giuro lo finisco ma davvero quei due si baciano, che schifo!”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Mio padre e mia madre scoppiarono a ridere pronunciando le classiche parole “un giorno siamo sicuri che non dirai più così” e, a pensarci bene, forse il vero anatema fu proprio quella frase.

Erano giovanissimi. Nella mia immagine di bambino un vestito verde si accostava tremendamente con un rossetto vermiglio ed una carnagione chiarissima. Lei, arrossiva ad ogni sguardo del suo fidanzato che le stringeva la mano.

“Che stupide le femmine” pensavo “e guarda come stanno appiccicati…ma come fanno a mangiare così?”

Chiesi a mio padre come mai due ragazzi preferissero andare a cena da soli piuttosto che vagare per il luna park oppure tirarsi le palline di carta come facevo con le mie compagne di scuola.

“E’ San Valentino, amore!” mi disse guardandomi in maniera tenera. “E allora è anche il suo compleanno, come quello della mamma?!”

Mio padre guardandomi continuò dolcemente “E’ la festa dell’amore, tesoro…tutti gli innamorati la festeggiano insieme.

Noi allo stesso modo festeggiamo il compleanno della mamma e l’amore per la nostra famiglia!”

Prima con dei bigliettini, poi con dei cuoricini o cioccolatini ho sempre ricordato San Valentino da quel momento in poi, ammettendo che faceva sempre un certo effetto sulle donne del nord Europa (posto dove mi ero trasferito per seguire i miei sogni di architetto) che ritornassi in Italia proprio in quell’occasione per festeggiare l’amore di mia madre.

Era il 14 febbraio del 1999 ed eravamo seduti allo stesso tavolo di tanti anni prima.

Il profumo delle linguine era lo stesso e la voglia di riassaporare la mia infanzia mi sembrava un miraggio rispetto ai ciccipolenti che tanto adoravo.
Alzai lo sguardo e nello stesso momento in cui il piatto fumante finì di rapire la mia attenzione, al tavolo in cui tanti anni prima c’era la famosa coppia di innamorati: lei.

Una ragazza bruna dagli occhi azzurri, incorniciati da un paio di Persol neri e tondi che cenava da sola con un’aria stralunata. I suoi abiti singolari come lei mi colpirono: camicia a quadri rossa, bretelle bordeaux e jeans. Rapito dalla scena la osservai attentamente: un piatto di frutti di mare, un risotto alla pescatora, due calici di vino ed un pezzo di tiramisù che non mangiava ma scarabocchiava con il cucchiaio spargendone la crema a raggiera sul piatto.

Ero rapito dalla sua espressione soddisfatta…quale donna cenando a San Valentino da sola poteva avere quell’espressione?! Dovevo conoscerla.
La nostra cena terminò quasi in concomitanza alla sua. Accompagnai rapidamente i miei genitori all’auto dicendo frettolosamente che sarei tornato a piedi. Mio padre sorrise sornione e mi strizzò l’occhiolino, quasi augurandomi buona fortuna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritornai emozionato nel ristorante e con andatura fiera mi diressi verso di lei che nel frattempo aveva ordinato l’ammazzacaffè.
Le chiesi: “Posso sedermi? E’ tutta la sera che ti osservo..” il mio piglio vivace venne interrotto da queste precise parole: “Beh, l’ho notato…tanto da sporcarti la camicia?!”

Se dopo i due ammazza caffè e i tre caffè di quella sera ero completamente incuriosito da quello strano “personaggio”, quattro pranzi, sei cene, otto anni di aerei dopo ho capito di amarla davvero.

Se mi guardo indietro il nostro amore disordinato è fatto di: montagne russe, corse in tutta Europa, di “tornerò”, di “non so se ti amo”, di “non sono pronto e forse ho paura”, di “sono in paradiso”, di “quanto durerà?”, di “mi fai impazzire” e di sguardi complici tra la gente.

Nessun social network testimonia i nostri momenti. Pochi i nostri messaggi e poche le parole scambiate ad un telefono.
Nessuna routine ci ha mai accomunati, non abbiamo ancora condiviso un reale progetto comune. Nonostante le vite lontane, niente ci ha mai tenuto vicini quanto il primo bacio ad ogni incontro.
Abbiamo vissuto di istanti e se – come dicono – “amare è la metà di credere”, noi abbiamo stravolto l’ordinaria concezione di “amare”.
Una condivisione profonda di ogni pensiero, verità ma soprattutto pensiero scomodo.

Abbiamo fatto dell’amore un mondo nostro o un “modo” nostro mutuando Alekos ed Oriana Fallaci.

“To love without permitting one love to become an handicap”, che in italiano: “Amare senza permettere a un amore di diventare un ostacolo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non siamo e non saremo mai un ostacolo l’uno per l’altro, consci che esistono cose ancora più grandi dell’amore di una persona o dell’amore per una persona. Ad esempio, un sogno, una lotta o un’idea.
Abbiamo solo un rito che ci accomuna: ogni San Valentino ci incontriamo nel posto in cui ci siamo “scontrati”.
Lo stesso tavolo, gli stessi frutti di mare e le stesse linguine che ogni anno hanno lo stesso sapore, perpetuando la coppia nei miei ricordi che si mescola con il ricordo dei miei genitori.
Ogni anno ci incontriamo lì, dove il mare incontra il sapore.